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due fossili da martel

di Mario S. G. Di Stefano noto Lelle

 

due cheloni fossilil'erymnochelysl'emysle note

 

due cheloni fossili sardi

  (nota redazionale)

“Catturati” da due stagni, impantanati s'indurirono e "vennero" da lontano.

Il seme, nel suo piccolo, è un grande viaggiatore, viaggia nello spazio e nel tempo e riproduce un esemplare della sua specie a distanza di mille chilometri e di mille anni.

Il fossile è come il seme. Viaggia nel tempo, intrappolato nei sedimenti di cui è anch'egli parte, e nello spazio, attraverso i mille accidenti della crosta terrestre.

Il fossile è come l'idea. Viaggia e si riproduce nelle idee e nella bellezza che genera.

 

foto 1 erymnochelys

 

foto 2 erymnochelys

 

foto 3 emys

 

foto 4 emys

 

tavola 1  carta cronologico - stratigrafica

 

tavola 2 cronologia geologica

 

figura 1 la rotazione antioraria del blocco sardo - corso

 

figura 2 il vulcanismo nel sulcis

 

figura 3 i continenti alla fine dell'era mesozoica

 

figura 4 i continenti all'inizio dell'era cenozoica

Nelle teche del museo paleontologico “Paleo Ambienti Sulcitani” – E. A. Martel di Carbonia, costituito da una collaborazione fra il Gruppo Ricerche Speleologiche E. A. Martel di Carbonia, l’Amministrazione cittadina e il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Cagliari, fra i numerosissimi e rari fossili esposti, fanno bella mostra di sé gli esemplari di due cheloni:   un Emys sp. e un Erymnochelys sp., entrambi conservati in modo pressoché completo. 

Due diversi stagni, in due epoche geologiche diverse, hanno “catturato” i due  cheloni, conservandoli fino a noi. Non sappiano - e poco importa ai nostri fini - se caduti morti sul fondale dello stagno e poi ricoperti dai fanghi di sedimentazione, oppure se – vivi - imprigionati dai detriti di una alluvione o di una frana improvvisa. Il risultato è stato praticamente identico. Ha avuto così inizio il lungo processo di fossilizzazione. Con vantaggio per i paleontologi di professione e per gli appassionati.

Un terzo esemplare esposto è rappresentato da pochi frammenti ossei e di carapace, ritrovati nei giacimenti di lignite eocenica del Sulcis. La descrizione di questo terzo esemplare, il più antico resto di chelone (Trionyx) mai ritrovato, per ora, in Sardegna e risalente all’Eocene medio , se possibile, sarà oggetto di un prossimo articolo.

Le seguenti descrizioni non hanno alcuna pretesa scientifica specialistica, ma solo un intento divulgativo, pertanto lo studioso o anche il semplice lettore preparato, vorrà perdonare (e, se possibile, segnalare) gli eventuali errori e le certe numerose imprecisioni e approssimazioni.

l'erymnochelys

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Il chelone più antico (foto 1, 2)è un Erymnochelys sp. del tardo Eocene / primo Oligocene(tav. 1). Secondo esemplare ritrovato in Europa. Ben conservata, misura circa 35 cm di lunghezza. Viveva in quel di Flumentepido, oggi piccola frazione del comune di Carbonia, dove, come suggerisce il nome della località, sgorgano alcune sorgenti di acque ipotermali (25-27°C) e dove scorre l’omonimo fiumiciattolo, Rio Flumentepido (rio dalle acque tiepide (nota 1)),  fiancheggiato sulle due sponde dall’ombra di alcuni  bei tamerici. Viveva in questo ambiente, allora molto più fluvio – lacustre di oggi, quando ancora la Sardegna e la Corsica facevano parte delle propaggini meridionali dell’Europa (fig. 1) (nota 2).

La Sardegna era allora parte della regione meridionale europea che si stendeva in quello che oggi chiamiamo il Golfo del Leone, tra i Pirenei e la Costa Azzurra francese, zona della Provenza, fin lì dove la Camargue insinua le sue paludi nel mare e dove oggi la foce del Rodano in primis e numerosi altri fiumi, anche quelli di provenienza sud - pirenaica, hanno contribuito a costruire, con le “correnti di torbida”, famosi e grandiosi canyon sottomarini (nota 3).

Quella che oggi è la costa occidentale della Sardegna era territorio ispanico – francese... (se queste due nazioni fossero allora esistite…). I terreni paleozoici e mesozoici del Sulcis – Iglesiente erano una scaglia di quelli pirenaici e quelli su cui poggiano i depositi che fanno da base alle spiagge e agli stagni occidentali sardi (di formazione quaternaria) erano un frammento di quella che oggi sono la Languedoc e la Camargue. Analogamente le coste della Nurra “si trovavano” nell’attuale Costa Azzurra (nota 4).

Era un posto ideale per una tartaruga: acque correnti, acque stagnanti, ambiente lussureggiante, ricco di laghetti e stagni, con numerose paludi e depositi sabbiosi per trasporto eolico. L’ambiente lacu - palustre si estendeva praticamente dalle pendici di M.te Tasua fino a Fontanamare, Porto Paglia, Portoscuso, Punta‘e Trettu, Matzcara, S. Giovanni Suergiu, Porto Botte, Is Paris.  Provate a osservare, ancora oggi, l’immediato entroterra di Fontanamare o la parte terminale del Rio Palmas, per avere una pallida idea di come poteva essere il paesaggio allora.

Ancora non c’erano state le intrusioni trachitiche e trachi – andesitiche dell'Oligo – Miocene che oggi costituiscono il M.te S. Michele Arenas, M.te Sirimagus, M.te S. Giovanni (Carbonia), M.te Crobu.  Non c’erano neanche le altre basse intrusioni trachitiche e i depositi ignimbritici tra i paesaggi di Gonnesa, Carbonia, S. Giovanni Suergiu e Portoscuso (fig. 2) (nota 5).

Era un vasto ambiente ricco di vegetazione, sole, cibo, con clima caldo – umido, molto più caldo dell’attuale.

Il bacino carbonifero del Sulcis (“Lignitifero” e “Produttivo” Auct.) data all’Eocene inferiore-medio

Un paradiso in terra per il nostro Erymnochelys. L’acqua, abbondante, proveniva dalle alture di M.te Tasua , Monte Foss’e Teula, S.tu Miai, e dal complesso del M.te S. Giovanni (Gonnesa) e dalle altre scoscese montagne Cambriche intorno a Nebida. Allora erano tutte cime molto più elevate di quanto non lo siano oggi.

La nostra amica, ritrovata nel 1987 da uno studente durante un’escursione didattica dell’Università di Cagliari condotta dal prof. Antonio Assorgia è ancora l’unico esemplare di vertebrato rinvenuto fossile in quelle che i geologi chiamano “arenarie sterili” della  formazione del Cixerri (Eocene medio?-Oligocene). E’ il primo esemplare ritrovato in Italia, il secondo in Europa, (nota 6).

Addirittura, se - come pare ormai verosimile agli specialisti - verrà dimostrato che le Erymnochelys, come tutte le testuggini pleurodire (quelle con il collo non retrattile ad S verticale dentro il clipeo, ma flessibile di lato, ad S orizzontale) della famiglia Podocnemidae, si sono estinte in Europa dalla fine dell’Eocene, questo esemplare potrà essere assunto come fossile “guida” per stabilire il limite superiore (più recente) dei depositi della formazione del Cixerri (nota 7).

Praticamente l’ambiente in cui si muoveva la nostra amica tarta - di cui oggi nel solo Madagascar (nota 8) ritroviamo, come unica specie relitta del suo genere, la cugina “giovane”, Erymnochelys madagascariensis - era prevalentemente, come detto, quello di un territorio fluvio-lacustre continentale.

In quell’epoca, l’Eocene, il Mediterraneo ancora non esisteva o al massimo iniziava ad avere un accenno del profilo attuale e tra l’Europa e l’Asia da un lato e l’Africa e l’Arabia dall’altro lato, cioè, detto in due parole, da Gibilterra al Borneo, ci si bagnava subito nel “paleo” Pacifico, non esistendo l’Oceano Indiano, delimitato solo più tardi (Miocene) dallo scontro della zolla Indiana con quella Asiatica.

Il Mar Nero ed il Mar Caspio, cioè, assieme a quel che resta del Lago d’Aral,  sono oggi i relitti della Tetide, distesa marina nata alla fine dell’era Paleozoica (Permiano): il grande mare oceano più lungo che largo che - da ovest ad est - si estendeva, ancora per tutto il periodo eocenico, tra quel che restava dei continenti di Laurasia (Nord America + Europa + Asia) a nord e di Gondwana (Africa + SudAmerica + India + Antartide + Australia) a sud (figg. 3, 4) (note 9, 10).

Il clima per tutto il periodo eocenico si mantenne alle diverse latitudini del pianeta pressoché costante, con temperature medie più elevate di quelle medie attuali delle nostre latitudini (nota 11). Il caldo e l’umidità, nell’antico Nord del Sulcis, dovevano essere elevati. Però, anche oggi - ma solo ’estate - non si scherza!

Possiamo tranquillamente parlare di un clima tropicale o semitropicale. Pertanto certo adatto alle nostre amiche tartarughe. Infatti solo verso la fine dell’Eocene la temperatura cominciò a diminuire, per poi accelerare la discesa nella fase di transizione all’Oligocene, quando si ebbe il congelamento dell’Antartide (nota 12). La vegetazione era lussureggiante, costituita da palme, cicadee, magnolie, fichi e altre moracee (nota 13)

 

l'emys

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L’esemplare geologicamente più recente, esposto nel museo paleontologico di Carbonia (foto 3, 4), ci mostra un esemplare di Emys sp., il cui carapace ha le dimensioni di circa 15 x 10 cm ed è perfettamente conservato, come si osserva nella bellissima fotografia allegata alla relazione “A Pleistocene European pond turtle from Sardinia” (F. Chiesi et al.– Oristano 2008). Lo stato di conservazione è ottimo.

E’ stata ritrovata nella Grotta di M.te Meana (comune di Santadi). L’esemplare venne rivenuto dal Sig. Giorgio Secci nel 1972, semi inglobato in una concrezione di carbonato di calcio ed è datato, in base alla tipologia dell’incrostazione e per ora solo provvisoriamente, al tardo Pleistocene – primo Olocene. Gli specialisti ritengono di poter attribuire l’esemplare alla specie   orbicularis, pur manifestando un minimo di prudenza. Per una descrizione completa si veda la relativa comunicazione scientifica (nota 14).

L’ambiente in cui viveva questa amica tarta, era molto differente da quello dell’esemplare di Erymnochelys: il Mediterraneo era pressoché identico all’attuale. Infatti il mare di Tetide si era ormai definitivamente chiuso (Miocene) per effetto dell’urto della zolla africana con quella Europea: il Mar Caspio ed il Lago d’Aral erano diventati dei laghi e il Mediterraneo, addirittura, aveva superato una fase di evaporazione pressoché totale, durante il Messiniano (6 Ma), quando si ebbe la chiusura dello stretto di Gibilterra (nota 15).

In tale circostanza il livello basale del Mediterraneo, arrivò a trovarsi in una depressione profonda 3-4 Km! La forte evaporazione provocò depositi enormi di “evaporiti” (nota 16) dappertutto: nel mare di Alboran, nel Mare Nostrum, nell’Egeo e nel Mar di Levante. Uno strato semi ininterrotto che interessa tutto il Mediterraneo. Tanto vasto fu il fenomeno che i geologi parlano di “crisi di salinità del Mediterraneo”.

Più verosimilmente la chiusura e riapertura dello Stretto di Gibilterra si verificò più volte (8-10) durante tutto il il Messiniano, finchè agli inizi del Pleistocene, il Mediterraneo si riaprì definitivamente con una gigantesca – mega cascata, come forse il pianeta non ebbe mai a vederne prima,   riversò le acque dell’Atlantico, fino a raggiungere il nuovo livello di equilibrio in un tempo molto, molto breve (da pochi secoli a 1 millennio, secondo alcuni studiosi).

Le Alpi e gli Appennini avevano pressoché raggiunto la conformazione attuale, ma questa epoca è anche quella in cui si sono avute forti oscillazioni dei livelli marini e delle temperature. Le famose 5 glaciazioni ed i periodi interglaciali si sono verificati in questo periodo (tav. 2).

Nel Pleistocene il blocco sardo – corso aveva raggiunto le posizioni attuali e, in conseguenza alle oscillazioni del livello marino in corrispondenza delle diverse fasi glaciali, le nostre coste subirono regressioni e trasgressioni marine dell’ordine di grandezza del centinaio di metri, con la formazione di abbondanti paludi, stagni e lagune.

Considerato l’ambiente climatico in cui vive oggi l’Emys, considerato il periodo geologico a cui gli specialisti attribuiscono il nostro esemplare, in mancanza di notizie più specifiche e dettagliate, mi piace pensare che essa risalga al primo Olocene (0,01 Ma), quando ormai le glaciazioni erano terminate ed il clima era ridiventato più “tiepido” per una tartaruga.

Ma non oso aggiungere di più, essendomi già esposto abbastanza.

le note bibliografiche

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nota 1          torna al testo

Bertorino G, Caredda A.M., Cidu R., Fanfani L., Sitzia R., Zanzari A.R., Zuddas P. –(1981)- Le manifestazioni termali del Sulcis (Sardegna sud – occidentale) – Periodico di Mineralogia – Roma – Anno 50, 1981 – pagg. 233-255

Di Stefano M.S.G. –(1981)- Sorgenti ipotermali nel Comune di Carbonia – In:  Carbonia – L’ambiente naturale  - Dattiloscritto – G.R.S.- “E.A. Martel” - Carbonia

nota 2          torna al testo

Arthaud F. –(1970) –  Étude tectonique et microtectonique comparée de deux domains hercyniens : le nappes de la Montagne Noire (France) et l’anticlinorium de l’Iglesiente (Sardaigne) – Pub. Ustela – Sér. Géol. Struct. - 1 

Carmignani L., Funedda A., Oggiano G., Pasci S. –(2004)- Tectono-sedimentary evolution of South-West Sardinia in the Paleogene: Pyrenaic or Apenninic dynamic? – Geodinamica Acta – 17 (4) – Paris – pagg. 275-287

Funiciello R., Mattei M., Speranza F., Facenna C.-(1997) – La geodinamiche del sistema Tirrene – Appennino – Le Scienze – n.343 – Marzo 1997 – pagg. 44-53

Panza G. F., Calcagnile C., Scandone P., Meller S. (1980)– La struttura profonda dell’area mediterranea – Le Scienze –n.141 – Maggio 1980 – pagg. 60-69

La Greca M. –(1984)– L’origine della fauna italiana – Le Scienze – n. 187 – Marzo 1984 – pagg. 66-79

nota 3           torna al testo

Chiara Tessarolo –(2006)– I Canyon sottomarini: strutture ubiquitarie dei margini continentali - Univ. Studi Milano Bicocca – Tesi di Laurea a.a. 2005-2006 – Relatore Prof. C. Corselli – 2006 - http://www.geo.unimib.it/pages/doc/dottorato/Tessarolo_Relazione_fine_anno.pdf

Lofi  J., Gorini C., Berné S., Clauzon G. , Dos Reis A.T., Ryan W.B.F., Steckler M.S. –(2005) - Erosional processes and paleo-environmental changes in the Western Gulf of Lions (SW France) during the Messinian Salinity Crisis 2005 -Elsevier B.V. – pagg. 1-30

Whitehead J. A –(1989)– Cateratte oceaniche giganti – Le Scienze – n. 248 – Aprile 1989 – pagg. 40-47

Hollister C.D., Nowell A.R.M., Jumars P.A. –(1984)- La dinamica degli abissi – Le Scienze – n.189 – Maggio 1984 – pagg. 20-32

nota 4          torna al testo

INGV – Aree di Ricerca – Paleomagnetismo e Tettonica – http://roma2.rm.ingv.it/it/tematiche/16/paleomagnetismo_e_tettonica

Dalla Vecchia F.M. –(2003)– I dinosauri nani dell’arcipelago europeo – Le Scienze – n. 423 – Novembre 2003 – pagg. 88-94

nota 5          torna al testo

Lauro C., Deriu M.- Il vulcanismo cenozoico in Sardegna: le manifestazioni “oligoceniche” – Congresso Geologico Internac. – Secc. I – Vulcanologia del Cenozoico – Ciudad de Mexico – pagg. 469-486

Assorgia A., Barca S., Spano C. – 1997 – Lineamenti stratigrafici, tettonici e magmatici del terziario della Sardegna – Libro guida “La Fossa Sarda” nell’ambito dell’evoluzione geodinamica cenozoica – 13-25

note 6, 7 e 8          torna al testo

Righi D., Delfino M. – 2003 – Erymnochelys Sp.: una tartaruga “malgascia” nel paleogene della Sardegna –Soc. Paleontologica Italiana – Giornate di paleontologia 2003 – Alessandria - 22-25 Maggio 2003 – Riassunti – pag. 44

nota 9          torna al testo

Dietz R.S., Holden J. C.(1971 – La scissione di Pangea – Le Scienze – n. 29 – Gennaio 1971 – pagg. 20-31

nota 10          torna al testo

Kenneth J. Hsu –(1973)- Quando il Mediterraneo si prosciugò -Le Scienze – n. 53 – Aprile 1973 – pagg. 18-29

Kenneth J. Hsu –(1978)- Quando il Mar Nero si prosciugò -Le Scienze – n. 119 – Luglio 1978 – pagg. 42-54 

nota 11          torna al testo

INGV – Temi ricerca – Ricostruzione delle variazioni paleoclimatiche - http://portale.ingv.it/temi-ricerca/clima-oceani-ambiente/ricostruzione-delle-variazioni-paleoclimatiche

nota 12          torna al testo

Murru M., Ferrara C., Da Pelo S., Ibba A. – (2003)-The Paleocene-Middle Eocene deposits of Sardinia (Italy) and their paleoclimatic significance – C.R. Geoscienze – 335 – Paris – pagg. 227-238 

INGV – Temi ricerca – Ricostruzione delle variazioni paleoclimatiche - http://portale.ingv.it/temi-ricerca/clima-oceani-ambiente/ricostruzione-delle-variazioni-paleoclimatiche

nota 13          torna al testo

F. M. Boschetto – 2005 – Cenozoico – in:  Le ere della Terra – L’Anno della Terra   - http://www.fmboschetto.it/didattica/Anno_della_Terra/Cenozoico.htm

nota 14          torna al testo

Chesi F., Delfino M. , Pillola G.L.,Rook L., Villani M. -(2008)-A Pleistocene European pond turtle from Sardinia– 7° Congresso Nazionale Societas Herpetologica Italica – Oristano 1-5 Ottobre 2008 – pagg. 138-141

nota 15          torna al testo

Wezel F. C. –(1972)– I carotaggi profondi del Mediterraneo – Le Scienze – n. 47 – Luglio 1972 – pagg.  26-35

nota 16          torna al testo

Kenneth J. Hsu –(1973)- Quando il Mediterraneo si prosciugò -Le Scienze – n. 53 – Aprile 1973 – pagg. 18-29

Kenneth J. Hsu –(1978)- Quando il Mar Nero si prosciugò -Le Scienze – n. 119 – Luglio 1978 – pagg. 42-54

Lofi J., Gorini C., Berné S., Clauzon G. , Dos Reis A.T., Ryan W.B.F., Steckler M.S.-(2005) - Erosional processes and paleo-environmental changes in the Western Gulf of Lions (SW France) during the Messinian Salinity Crisis - 2005 -   Elsevier B. V. - pagg1-30

 

 

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